“El cuerpo”
una vita d’immagini
Concerto di colori, linee e suoni
di e con Marcela Szurkalo
con
Mariano Navone, bandoneon, clarinetto e ballo
Luca Nostro, chitarra e effetti sonori
Videoproiezioni: Mattia Mariani
Fotografia: Alessandro Gionni
Con musiche di Piazzolla, Bacalov, Bossio, Desplat, Califano.
Uno spettacolo che parla di uguaglianza e diversità, di viaggi e d’incontri… di follia e di libertà.
Contatti: Francesca Arcobello Varlese
E-mail: f.arcobello@gmail.com
La figura della poliedrica artista argentina Marcela Szurkalo questa volta ci porta in uno spettacolo interdisciplinare che parla d’immigrazione, d’uguaglianza e di diversità, di viaggi e d’incontri, di follia e di libertà, di ricerca e di cambiamenti… in una narrazione di musica, danza e pittura dal vivo.
Lo spettacolo viene creato e si svolge utilizzando i più svariati spazi del teatro, propone una dinamicità unica, creando un percorso itinerante, collocando a volte il pubblico sul palco e cambiando l’ottica comune del rapporto pubblico-artista.
In una parte della scena è presente un allestimento originale di valigie anni ’20. Da una di queste, così come da un videoproiettore posto in alto, escono immagini che viaggiano nel tempo sono proiettate sul pavimento, sui muri e sul corpo dell’artista che attraverso il suo movimento entra, esce e fa parte dal loro contenuto.
Il racconto avviene anche con l’uso di elementi quali stoffa, corde, … che rimangono poi sulla scena come installazione artistica. In un momento dello spettacolo, su musica originale, sono creati disegni collettivi con il coinvolgimento del pubblico.
“El Cuerpo” si muove dal teatro fisico, attraverso la musica dal vivo, il canto, la danza teatro, il tango argentino, il tip tap (folklore “malambo”) concludendosi su un brano d’autore con una performance di “action painting” (eseguita con la danza e il movimento su una tela fissata al pavimento). La locandina riportata in coda è un dipinto che l’artista ha realizzato in un precedente spettacolo.Le scelte di regia riguardano lo studio della “linea”, del movimento, del colore e del suono, attraverso i quali parlare di uguaglianza e diversità, di viaggi e d’incontri, di follia e di libertà.
Progetto e note della regia
Utilizza gli spazi più svariati come il palco, le scale, la platea, così come i muri per svolgere coreografie verticali, cambiando l’ottica pubblico-artista in maniera assolutamente originale.
Affronta temi che si pensano come “avvenimenti o tragedie uniche di questo momento storico” in un confronto tra eventi di oggi e del secolo scorso. In tale confronto storico è raccontata la storia unica e personale di una donna che invece fa parte di un movimento umano più grande, stimolando la ricerca tra il vivere in isolamento o l’aprire gli occhi e ‘far parte del tutto’.
“El cuerpo” allaccia il teatro fisico alle arti visive, il corpo crea movimenti come immagini e gli elementi utilizzati danno fisicità alla storia e diventano allestimenti artistici.
Ecco la voce, il canto di una donna di “oggi” seduta per terra con la sua valigia che poi attraverso un’immagine proiettata dall’alto sul pavimento viene inserita in una barca piena d’immigranti nel ‘900…poi, con il suo movimento, camminando e cantando, dischiude sul pavimento un telo rosso lungo dodici metri. Il telo rappresenta il “segno” e la scia che lascia una scelta cosi importante e difficile, e la sua storia.
Su questo telo rosso in un’altra scena, la donna incontra un migrante e con tango tecnicamente difficilissimo, profondo e viscerale, attraverso il movimento delle gambe dei due, questa scia, questo ‘segno’ viene trasformato. La storia della donna, plasmata per terra, cambia e i migranti/ballerini si annodano, le gambe s’intrecciano al telo che poi si chiude come un fiore rosso facendoli restare insieme in un profondo abbraccio di amore. L’enorme solitudine e la paura infinita adesso hanno quattro gambe e un abbraccio di tango argentino.
Questa e altre scene si sviluppano in questa maniera: la voce, la danza, la musica e il teatro fisico utilizzano come “penna” oggetti ed elementi che poi creano “visual art” e restano come allestimento.
La regista prende spunto dallo studio della linea come capacità esclusivamente umana d’immaginare che poi, con la fantasia e con lo sviluppo del movimento della mano e del corpo, può diventare disegno, poesia, arte e quindi caratteristica personale, unicità.
Sorprende volutamente il pubblico invitandolo alla creazione di un disegno collettivo. Come i pittori surrealisti degli anni ‘20, persone del pubblico sono invitate a disegnare in maniera individuale e spontanea ma il “tratto” precedente fa da motore per continuare un’opera collettiva che ha dei risultati sempre sbalorditivi.
La regista prende spunto da questo momento di disegno collettivo e lo ricrea contemporaneamente in un allestimento creato con corde lunghissime. Le corde diventano su una parete onde e nodi di movimento a rappresentare un “filo conduttore”, tra storie di vita e cambi di rotta, alcuni lineari e altri puntati, sciolti o annodati.
La scelta della regista dell’uso della linea passa dalla rappresentazione morbida e riuscita, di libertà e di speranza con il disegno e con le corde, alla crudeltà e drammaticità del filo spinato che sceglie di proiettare sul pavimento quando in un’altra scena la protagonista balla un tip tap argentino disperato, a rappresentare la fuga da un uomo violento e possessivo e da una storia di oppressione materiale e culturale.
La regista fa immergere il pubblico nelle sonorità di terre lontane e di viaggi attraverso le musiche di Luis Bacalov, Alexandre Desplat, Ezio Bossio e Califano, e poi sorprende con le musiche interpretate da Luca Nostro con la chitarra classica, chitarra elettrica ed effetti di suono dal vivo, passando dallo stile Jim Hall alla frattura del suono con momenti rock densi e graffianti.
Chiede al polistrumentista e danzatore Mariano Navone, come uomo migrante sudamericano del ‘900, l’interazione e il confronto nel tempo con le sonorità moderne di Luca Nostro, l’uomo del presente, europeo ed emancipato. I due uomini suoneranno poi insieme un brano d’autore “Nuovo”, di questo tempo e di questo periodo storico, che farà muovere la protagonista nel suo “Action painting”.
La scena finale di “action painting” è una performance unica dove, partendo dal colore della nascita (erano nella valigia che la donna porta con se all’inizio) e dalla sua identità, attraverso il rapporto con gli altri e dal suo vissuto, crea un dipinto unico e spontaneo, immediato, con il corpo, senza idee preconfezionate. La protagonista si tuffa nei colori e nella musica, attraverso la danza con le mani, con i piedi e con tutto il corpo per passare al colore ‘lanciato’ e poi al pennello e alla linea.